Biancaneve e Rosaspina:
il sonno della ragione genera...fiabe.
C'erano una volta due bellissime principesse, ma poi una di loro mangiò una mela avvelenata e l'altra si punse al fuso di un arcolaio stregato, e caddero a terra in un sonno profondo. Solo il bacio del vero amore le avrebbe potute risvegliare e salvare da quella morte apparente.
Sonno e morte: labile confine dal quale emerge nelle due celebri fiabe la filosofia epicurea dove la morte non riguarda né chi è vivo né chi è morto, poiché colui che è vivo non può esserne coinvolto, mentre colui che è morto non ne può avere percezione, così come capita che non abbia nessuna percezione chi è sprofondato nel sonno. Sonno, dunque, come annullamento dei sensi e di ogni reale percezione, razionale e sentimentale. Il bacio del vero amore desta dal sonno, proprio perché l'amore è essere svegli, è essere vivi, mentre la latenza del sonno è oblio e dimenticanza: glaciale il corpo così come il cuore.
Secondo l'interpretazione antropologica, nelle fiabe ricorrerebbero motivi derivanti dai riti di iniziazione cui venivano sottoposti gli adolescenti delle tribù al sopraggiungere della pubertà, per segnare il passaggio dall'infanzia all'età adulta. Costante era nello svolgersi di questi riti la simbolizzazione della morte dell'iniziato che poi, altrettanto simbolicamente, resuscitava in una nuova forma, l'età adulta, per l'appunto. Un ritorno dalla morte che non ha mai, nelle fiabe, i connotati del mostruoso o del macabro: le nostre principesse riaprono gli occhi più belle che mai e sorridenti.
Presente e ben radicata nella cultura occidentale è infatti l’importanza della possibile relazione tra sonno e bellezza: ne La Bella Addormentata nel Bosco, in maniera molto più evidente che in Biancaneve, è rappresentato il mito del risveglio. La principessa Rosaspina non solo cade in un sonno lunghissimo, ma trascina con sé nell'incantesimo anche tutto il suo castello, che si chiude in un'impenetrabile selva di spine e rovi intrecciati, da cui deriva il suo nome. Dunque Rosaspina simboleggia la terra addormentata nell'abbraccio dell'inverno, così come il suo salvatore, che penetrerà nel castello spezzando tutti i rami secchi che avvolgono le mura con la sua spada, per risvegliarla infine con un bacio e salvare l’intero castello, rappresenta invece l’arrivo della primavera che restituisce vita e colore alla terra. La fiaba in realtà ripercorre le tracce degli antichi riti collegati all'equinozio primaverile, dove la primavera è, come oggi, considerata la stagione degli amori e del risveglio della natura e della vita.
Quel che nella psiche si addormenta è ottenebrato e freddo, senza vita, chiuso nel sonno della mancanza, nell’inerzia di senso e di amore. Qualcosa nelle due principesse aspetta di essere riconosciuto e risvegliato da un atto amoroso di comprensione, lanciando un potente segnale di speranza. La liberazione di ciò che dorme, inconscio o bloccato, può richiedere molto lavoro: solo dopo cent’anni il Principe Azzurro riesce a baciare la sua Principessa.
Biancaneve e Aurora, troppo ingenuamente cadono in un sonno della ragione. I Principi che col bacio le salvano simboleggiano dunque la realtà concreta, la razionalità che esplode e vince sull'inconscio momento del sonno. Questa lotta tra ragione e irrazionalità è portata avanti anche dal fatto che le due streghe muoiono cadendo in un precipizio, esplicita metafora dell'irrazionale che cade nell'abisso in maniera irreparabile.
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