martedì 3 marzo 2015

Osare con le parole: il potere dei neologismi


Nessun pensiero nasce malvagio. Sono le interpretazioni che gli si dà a renderlo tale e a creare quel mostro blu chiamato fraintendimento o, in maniera più dolce, incomprensione. Quando si pensa a qualcosa si è sempre mossi da buoni sentimenti, da amore nella maggior parte dei casi. Poi qualcuno legge ciò che è scritto o ascolta ciò che vien detto e distorce tutto ciò che il mittente aveva intenzione di comunicare.

La comunicazione: questo è il vero problema. Gli uomini primitivi sentirono il bisogno di comunicare, perché uno doveva dire all'altro: «Vai tu a cacciare, che io accendo il fuoco», ma non sapevano come fare. E allora chiamarono FUOCO il fuoco, CARNE la carne, e hanno definito CACCIARE il cacciare e ACCENDERE l'accendere. Era semplice, essenziale, utile. Poi, col tempo, l'uomo ha avuto la brillante idea di usare la parola per esprimere i suoi sentimenti e i suoi pensieri, per lamentarsi o per amarsi, per spiegare il tumulto interiore e il groviglio mentale comunemente definito confusione.

E da lì sono sorti i problemi: la comunicazione è diventata un gioco di parole, alcune delle quali hanno avuto la fortuna d'essere inserite in un dizionario, altre hanno preso la via dialettale e altre ancora si son perse nel gergo limitrofo di alcune ridenti cittadine di campagna. Ma qualsiasi sia l'origine e la destinazione di ogni termine che tenta l'ardua impresa di definire o anche umilmente spiegare quel che si nasconde nell'animo umano, è insufficiente per ognuno di noi.

Per questo coniare neologismi è l'unico modo che abbiamo per poter presentare il nostro spirito al mondo nel modo più completo e preciso possibile. E come disse Dante in Paradiso XXVIII,3: 'mparadisa la mia mente, invitando un po' tutti noi ad IMPARADISARE i nostri pensieri.


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