Nessun pensiero nasce malvagio. Sono le interpretazioni che
gli si dà a renderlo tale e a creare quel mostro blu chiamato fraintendimento
o, in maniera più dolce, incomprensione. Quando si pensa a qualcosa si è sempre
mossi da buoni sentimenti, da amore nella maggior parte dei casi. Poi qualcuno
legge ciò che è scritto o ascolta ciò che vien detto e distorce tutto ciò che
il mittente aveva intenzione di comunicare.
La comunicazione: questo è il vero problema. Gli uomini
primitivi sentirono il bisogno di comunicare, perché uno doveva dire all'altro:
«Vai tu a cacciare, che io accendo il fuoco», ma non sapevano come fare. E
allora chiamarono FUOCO il fuoco, CARNE la carne, e hanno definito CACCIARE il
cacciare e ACCENDERE l'accendere. Era semplice, essenziale, utile. Poi, col
tempo, l'uomo ha avuto la brillante idea di usare la parola per esprimere i
suoi sentimenti e i suoi pensieri, per lamentarsi o per amarsi, per spiegare il
tumulto interiore e il groviglio mentale comunemente definito confusione.
E da lì sono sorti i problemi: la comunicazione è diventata
un gioco di parole, alcune delle quali hanno avuto la fortuna d'essere inserite
in un dizionario, altre hanno preso la via dialettale e altre ancora si son
perse nel gergo limitrofo di alcune ridenti cittadine di campagna. Ma qualsiasi
sia l'origine e la destinazione di ogni termine che tenta l'ardua impresa di
definire o anche umilmente spiegare quel che si nasconde nell'animo umano, è
insufficiente per ognuno di noi.
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